La presentazione di Contro il giorno della memoria, saggio breve scritto da Elena Loewenthal, scrittrice e traduttrice torinese tra le più apprezzate, è stata la convincente proposta del Circolo dei Lettoridi Torino per laGiornata della Memoria 2014.
Politicamente scorretto e poco rassicurante, il libro pubblicato da Add Editore, è stato presentato dalla stessa autrice insieme ad Ernesto Ferrero ed Angelo Pezzana, Presidente e cofondatore del Salone del Libro di Torino, e da Mario Calabresi, direttore de La Stampa.
Il libro di Elena Loewenthal mette in discussione molte cose, inclusa quella di guardare con un eccesso di referenzialità alla retorica della commemorazione disposta per legge, istituendo per il 27 gennaio di ogni anno la Giornata della Memoria.
Per chi è scampato allo sterminio, dice Elena Loewenthal, per chi ha avuto parenti uccisi nei campi di concentramento, per chi si sente in quale modo sopravvissuto all’eccidio, benché venuto dopo (è il caso dell’autrice, nata nel 1960), il ricordo imposto dallo Stato non è necessario alla memoria: loro malgrado, quei fatti continuano a bussare alla porta del presente. Ed “è ovvio che gli ebrei si ricordino della Shoah”, fa notare l’autrice, come potrebbe essere altrimenti?
Non è per loro che si celebra la giornata della memoria, dunque. La tragedia della deportazione e dello sterminio è una storia europea, dove gli ebrei hanno solo avuto il ruolo di vittime non certo quello di protagonisti. Sono gli europei che debbono ricordarla, come parte del proprio passato, “perché quella storia è imprescindibile dalla identità collettiva di ogni Popolo”.
Al contrario, però, la Giornata della Memoria viene sempre di più vissuta come una specie di risarcimento, un omaggio reso agli ebrei per il male che gli è stato imposto, facendo finta di non sapere che il delitto della Shoah è imperdonabile, e “non c’è nulla che possa valere come anche solo parziale risarcimento”.
Elena Loewenthal si concentra sul caso italiano, riscontrando un’”anomalia” singolare. Scuole, istituzioni, giornali, case editrici ogni anno si impegnano per trovare qualcosa di originale per celebrare la giornata della memoria. Ma se essa è una ricorrenza, perché sforzarsi ogni volta di trovare qualcosa di nuovo? Il rito è tale proprio perché ripete (in Israele, per esempio, quel giorno viene ricordato sempre allo stesso modo: facendo suonare, per un lunghissimo minuto, le sirene). Il fatto, fa osservare l’autrice, è che “dietro l’ansia incombe lo spettro della noia, ma forse anche il timore che questa storia possa destare scetticismo invece di orrore, ostilità invece di compassione”. Se la ricorrenza non è sentita come propria, infatti, essa diventa l’assolvimento di un dovere, ed alla lunga non può che stancare.
L’accusa di Elena Loewenthal è spietata: “Da celebrazione introspettiva, il Giorno della Memoria si è ben presto trasformato in qualche cosa di diverso: un atto di omaggio al popolo ebraico. Visto che siete morti così in tanti, vi ricordiamo”.
Elena Loewenthal mette in discussione l’idea consolatoria e diffusa che la memoria serva a evitare che le tragedie si ripetano: “Se non accadrà più, sarà solo merito del caso“.
Ad arricchire l’incontro la presentazione di un altro libro della stessa autrice La lenta nevicata dei giorni, un romanzo uscito nel 2013 edito da Einaudi Stile Libero.
Il libro racconta le vicende di Fernande e André, una giovane coppia francese in fuga dai nazisti, che insieme ad alcuni amici ebrei trascorre il periodo della guerra in un beato ma angoscioso isolamento durante il quale il tempo sembra come sospeso. La promessa che si fanno è quella di poter tornare un giorno alla casa del sogno: una villa a picco sul mare nel sud della Francia, sotto un enorme faro bianco. E mentre molti loro amici e conoscenti sono destinati agli atroci viaggi nei treni piombati, loro due invece ce la faranno.
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